Le più belle grotte del Salento

I Capolavori del Mare

Leuca dal mare è tutta un’altra cosa. Quando la terra sembra finire, un nuovo scenario può aprirsi se si è disposti a lasciare la costa solcando i capricci delle onde. Grotte, anfratti e calette si celano alla vista da terra e spesso anche dal mare, incastonate nella scogliera impervia all’incrocio dei due mari.

Per esplorare le grotte di Leuca non servirà un “apriti sesamo” di fiabesca tradizione, ma un valido “lupo di mare” per condurre l’immaginazione dove non contava d’arrivare, e di casa, qui, ce ne sono tanti. Qui gli uomini di mare si sono attrezzati per accompagnare turisti e salentini, abili non solo al timone di una barca, ma anche nei racconti. Questi capolavori della natura, infatti, si possono ammirare solo dal mare che nei millenni li ha scolpiti e levigati con la sua creatività, a seconda dell’umore. Quelle che da lontano appaiono ombre lunghe e strette, protese verso il cielo come guglie gotiche sulla pietra coccolata dal sole, d’improvviso guadagnano profondità nella terraferma, schiudendosi come bocche meravigliate, mentre l’estro dell’uomo perde fascino paragonato al talento delle onde.

Da Finibus Terrae al Ciolo

Andando verso Levante, incastonata proprio dietro al lungo braccio del porto, c’è la Grotta Cazzafri, che sembra aver ereditato dal greco il suo nome, adeguandosi a una traduzione che la vorrebbe “casa di spuma”, quella che le onde rilasciano infrangendosi sulle sue pareti. Accedendovi in barca, si ammira la volta che si scioglie ricca di stalattiti e, arrivando in fondo, si approda al poggiolo per una comoda sosta.

Navigando ancora verso Levante, si incontra la Grottella o “Ruttedda”, meta preferita per le arrampicate a mani nude; posta sotto il radar, è nota per la polla d’acqua dolce che zampilla dal mare. Ci vivono, come nelle altre, i colombi torraioli, gufi, pipistrelli e barbagianni.

Sono tanti e curiosi i nomi che i leuchesi hanno dato alle caverne, come la Grotta di Terrarico, detta anche “Bocche di Terrarico” o “degli Indiani”, per la sua forma triangolare che ricorda una tenda. In realtà si tratta di un complesso di tre cavità di varia grandezza, che si aprono alla punta del Promontorio di Terrarico: l’interno è caratterizzato da un eccezionale spettacolo di luci e colori, dal verde marino allo smeraldo e al giallo. Il logorio delle onde ha creato all’entrata un mostro di pietra che, tra qualche secolo, s’inabisserà nel mare. L’erosione modifica ogni giorno le rocce, e anno dopo anno ci si accorge delle differenze.

Giunti alla Grotta de lu purraru, guardando in alto, attraverso il portale alto ben 25 metri, stalattiti acuminate incedono dall’unico punto in cui il fragore del mare non arriva, mentre la Verdusella è interdetta alla navigazione per via di un masso in bilico pronto al tuffo del non ritorno.

L’interno della Grotta dell’orto cupo è simile a un orticello buio e tranquillo. Le pareti rocciose sembrano mosse dal vento e un gioco di luci diverte occhiate repentine che non vogliono farsi sfuggire riflessi unici di cristallo liquido. Proprio dal suo fondale, ma solo per esperti, ci si può addentrare in una galleria lunga circa 80 metri, la Grotta della principessa. Forse è la nobildonna che, annoiata dell’abisso, sbuffa lì accanto, dalla Grotta del soffio che genera un magico mulinello d’acqua e aria, nebulizzata all’esterno. L’apertura è a filo d’acqua e solo lasciandosi trasportare dal risucchio completamente immersi, si può riaffiorare nell’antro, con l’impressione di sfociare in un universo parallelo per il fascino dei colori e la sensazione di leggerezza.

La traversata continua fino alla Grotta della Vora, da alcuni detta “Cattedrale”, da altri “della Madonna”, per via del sole che filtra da un rosone scolpito dalla maestra natura sulla volta, a 60 metri d’altezza: a mezzogiorno i raggi precipitano nel foro come il faro che sul palco è fisso sul protagonista, il fondale infinito del “mare spunnatu”. Nella Giuncacchia, invece, i raggi giocano con il verde facendola sembrare una distesa di giunchi, da cui il bizzarro nome.

A mezza costa ecco le Grotte delle Mannute, accessibili solo da terra ma visibili dal mare, prendono il loro nome, invece, dalle numerose stalattiti dalla parvenza di piccole mammelle. Vale la pena risalire fino alla Grotta del pozzo, o “Grande del Ciolo”, vicina all’omonima insenatura, che pare fosse casa delle ultime foche monache, un tempo abitanti privilegiate del litorale che volge a Levante. L’interno segue due direzioni: una va verso il laghetto d’acqua salata; l’altra, penetrando il sottosuolo, arriva alla “Stanza del Duomo” e poi, ancora, alla “Stanza dei pipistrelli”, che a migliaia la popolano. 

Dalla Porcinara alla grotta degli Innamorati

Sul litorale di Ponente, oltre Puna Ristola, la più celebre grotta di Leuca s’affaccia soltanto, senza aprirsi allo Ionio: è la Porcinara, il cui accesso da terra è interdetto da perentorie cancellate che proteggono impronte millenarie dalla smania di sfacelo che caratterizza l’essere umano di giovane età. Qui, gli antichi si rifugiavano in preghiera per compiacere il dio del mare.

Punta Ristola si prolunga dalle fauci della Grotta del Diavolo, già segnalate nel ’700, in tempi antichi si credeva fosse la “porta dell’inferno” attraverso cui passò Telemaco alla ricerca del padre Ulisse. Fin dai primi scavi, la gola “satanica” ha restituito reperti interessanti, unici, come ossa, valve, armi e utensili, testimoni probabili di una frequentazione risalente al Neolitico.

Inferi alle spalle, un’angelica insenatura vanta tonalità turchine che indicano fondali non più come abissi: era l’ampia Grotta del cerchio, sprofondata secoli fa. In alto si vede uno scivolo in cemento, la pedana da cui si gettavano in mare i rifiuti liquidi. La conca è detta per questo “bocca del maiale”.

Poi la scogliera si fa meno frastagliata, come bagnasciuga di roccia levigata, e ci si infila nella Grotta di mesciu Scianni: maestro Gianni, ufficialmente, era artigiano e qui raccoglieva pietre per farne splendidi mosaici.

La Grotta del fiume, con le sorgenti d’acqua dolce che sgorgano all’interno, è collegata alla Grotta Titti, detta anche “della bambina”, dove fu ritrovato il dente di una fanciulla preistorica. Tre alti accessi giustificano l’entrata alla Grotta delle tre porte, a cui segue quella dei Giganti, dove sarebbero stati ritrovati resti umani di dimensioni enormi, ché leggenda vuole qui sepolti i giganti uccisi da Ercole libico, o magari più semplicemente ossa di pachidermi, come suggerisce invece la razionalità.

Segue la Grotta del Presepe, che pur lontana da suggestive atmosfere natalizie, è così detta forse per via di stalattiti e stalagmiti, personaggi d’una scenografia quasi sacra. Accanto, la Grotta della stalla, completa l’opera “presepiale”, più volte riparo dei pescatori in difficoltà.

Porta con sé il mistero di una leggenda, la Grotta del Morigio: qui, si racconta, i “mori” fecero una sosta di ricognizione, prima dell’assalto e della distruzione di Leuca. Semicelata, dalla terra e dal mare, è ben nota anche come “Grotta degli innamorati”. Solo un tuffo nell’acqua fresca di sorgente permette di godere dell’inventiva dello Ionio, che qui ha formato un ambiente intimo e suggestivo. Poche bracciate nell’acqua pungente e la vista si abitua gradualmente al buio, accompagnato dai riflessi del sole sul fondale sabbioso tinto di cromatismi caraibici.

Le membra ritemprate riaffiorano su due spiaggette riparate, luogo prediletto dalle coppiette leuchesi per sfuggire alla canicola estiva e ad occhi indiscreti.

Infine si incontra la Grotta del drago prima che le spiagge digradino gentili sul litorale: dentro, a sinistra del pilastro centrale, la testa di una murena perfettamente imitata dalla roccia sbuca dal soffitto; in fondo vi è un profilo dai tratti umani tutt’altro che vaghi, a destra un coccodrillo enfatizzato dal verde dei licheni, sculture che la pietra ha commissionato al mare per scacciare la noia di certi pomeriggi piovosi.

Il porto di Santa Maria di Leuca

Un approdo sicuro nel cuore del Mediterraneo. Il porto di Santa Maria di Leuca è da sempre un ponte fra l’Europa e l’Oriente, e non per nulla la leggenda vuole che da qui sia passato Enea con la sua flotta e che proprio qui sia sbarcato San Pietro per iniziare l’evangelizzazione dell’Occidente, per risalire poi fino a Roma.
Il volto del moderno porto risale agli anni ’80 quando fu realizzato il molo foraneo a tre braccia, rendendolo più sicuro con tutte le intemperie. Nei primi anni 2000, invece, sono stati costruiti oltre mille metri di pontili galleggianti che hanno permesso di trasformare il porto in un comodo e funzionale approdo turistico con 760 posti barca, dotato di tutti i servizi, capace di accogliere anche imbarcazioni di grandi dimensioni, fino a 40 metri di lunghezza.
Gestito da una società a partecipazione pubblica, il Porto turistico Marina di Leuca è una struttura efficiente e moderna che garantisce l’assistenza all’ormeggio 24 ore al giorno. Nell’area è presente anche un cantiere che provvede al rimessaggio delle imbarcazioni.
Il porto di Leuca è anche la base per le escursioni che in tutte le stagioni conducono i turisti alla scoperta delle grotte, accessibili solo dal mare, sia sulla costa di levante sia su quella di ponente. Una attiva marineria anima la piccola flotta peschereccia che da qui solca i mari vicini assicurando pregiato pesce fresco ai ristoranti e alle peschiere della zona.

Dalla Sabbia allo Scoglio

Le più belle Spiagge del salento


Dalla sabbia allo scoglio, il mare del Capo di Leuca offre mille affascinanti opportunità per un bagno con i fiocchi. L’acqua cristallina, i ricchi fondali e le scogliere che si protendono nello Jonio e nell’Adriatico, fanno da cornice a chi sceglie la costa di Finibus Terrae.
Chi cerca una spiaggia proprio a Leuca può trovarla qualche metro più giù del lungomare Cristoforo Colombo, dove gli scogli si addolciscono a formare due piccole mezzelune sabbiose, rispettivamente in corrispondenza dell’Hotel Terminal e, poco più a ovest, quasi al centro della baia. Qui, dove si trovano anche alcuni stabilimenti balneari attrezzati con pedane in legno e scalette, il bagno si tinge di suggestioni da belle époque sullo sfondo delle splendide ville eclettiche costruite tra Ottocento e Novecento in stile moresco, liberty e pompeiano, tutte circondate da rigogliosi giardini.
Proprio sulla battigia davanti al lungomare suscitano non poca curiosità le “bagnarole”, graziose costruzioni, protagoniste di bagni d’altri tempi. Queste singolari casupole servivano a riparare da sguardi indiscreti le nobili forme delle signore in villeggiatura a Leuca, mentre trovavano refrigerio nelle fresche acque di Finibus Terrae. Ogni villa aveva la propria “bagnarola” che, se realizzata in pietra, spesso era rotonda o esagonale, sormontata da una cupoletta, e richiamava lo stile e i colori della residenza a cui apparteneva. Con il legno, invece, i costruttori prediligevano forme più squadrate. Oggi solo due “bagnarole”, tra loro vicine, sono visibili e sfoggiano ancora il loro fascino da belle époque proprio nel cuore del passeggio leucano.
Negli altri tratti del litorale, si entra in mare dagli scogli. Impervia su Punta Meliso, verso Punta Ristola la costa rocciosa si fa più gentile e liscia, tanto da apparire quasi morbida. I leucani amano fare il bagno anche nei pressi di ciò che resta della Torre del Marchiello a ovest oppure, arrivando dal mare, ad est nella Grotta degli Innamorati con le sue sorgenti d’acqua fresca e due piccoli fazzoletti di sabbia in fondo all’antro.

Il Ciolo

Una piccola spiaggia nel cuore di un canyon nella scogliera a strapiombo sul Canale d’Otranto. Basta fare otto chilometri sulla litoranea per Tricase per fare un bagno al Ciolo, un vero tuffo nella natura selvaggia e primordiale del Salento. Scenografica perla naturalistica nel territorio di Gagliano del Capo, la località trae il nome dal termine “ciole” che in dialetto salentino indica i corvi che volteggiano sul canalone. Dal ponte della litoranea che congiunge le braccia del fiordo sovrastando la caletta si gode di un panorama mozzafiato che solletica le vertigini e proprio da qui, a 36 metri d’altezza, i più temerari si sfidano in adrenalinici tuffi nel blu. Scendendo la lunga scalinata, si può raggiungere la spiaggetta e fare un bagno nel mare blu, stretto fra le scogliere a strapiombo.

 

Felloniche

FELLONICHE – A soli tre chilometri da Leuca, ecco la piccola spiaggia di Felloniche, incastonata tra le scogliere. La baia rientra nell’agro di Patù. Questo tratto di litorale ha un cuore di sabbia fine che si estende per poche decine di metri ed è incorniciato da ciottoli e massi arrotondati dal lavorio delle onde. Le acque dello Jonio dipingono l’insenatura di riflessi azzurri che lasciano intravedere in trasparenza i fondali popolati da una variegata fauna e flora. L’acqua è particolarmente fresca e trasparente anche in virtù della sorgente del Canale Volito. 

San Gregorio

SAN GREGORIO – La baia di San Gregorio è una delle insenature più affascinanti della costa ionica salentina. La marina è a circa otto chilometri da Leuca, e fa parte del territorio del piccolo Comune di Patù. L’integrità del mare e la pulizia del litorale, che non è mai troppo affollato, ma anche la buona conservazione dell’habitat naturale, i

fondali particolarmente interessanti sono le carte vincenti di questa località. L’insenatura è caratterizzata da lastroni di pietra piuttosto bassi e piatti su cui si cammina abbastanza agevolmente e ci si può distendere a prendere il sole. Dalla rotonda si possono ammirare l’insenatura con il piccolo molo e la caletta, più selvaggia, con la piccola spiaggia caratterizzata da grossi ciottoli.

 

Torre Vado

TORRE VADO – La spiaggia di Torre Vado è lunga circa due chilometri, nel territorio del Comune di Morciano di Leuca. È caratterizzata da una scogliera bassa e rocciosa che si alterna a un breve tratto di spiaggia con sabbia finissima, sia libera sia attrezzata, nei pressi del porticciolo e subito dopo le Sorgenti. Qui, fra gli scogli bassi e piatti, si aprono sbocchi naturali di acqua dolce che, nell’antichità, venivano utilizzati anche per dissetarsi. Un bagno nelle pozze di acqua sorgiva, limpida e freschissima, è un vero toccasana per tonificarsi e migliorare la circolazione del sangue.

 

Pescoluse

PESCOLUSE – Spiaggia finissima e mare trasparente sono i tesori delle “Maldive del Salento”: è questo il meritato appellativo con cui i salentini chiamano Pescoluse, marina di Salve, che per le sue acque da sogno
. La località amata dai bagnanti si trova sulla riviera ionica, a circa nove chilometri da Santa Maria di Leuca, fra Posto Vecchio e Torre Pali e deve il suo nome esotico a un popolare stabilimento balneare.

Una distesa di sabbia dorata si specchia nelle sfumature intense dello Jonio, con un fondale molto basso anche a diversi metri dalla riva, perfetto per i divertimenti dei bambini. Solo in alcuni tratti del bagnasciuga, affiorano piccoli scogli. A incorniciarla, un cordone di dune punteggiate da gigli selvatici e felci.

 

chiama la Pro Loco